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Mi serviva la luce

Autore/Author:  Annette Schreyer
Editore/Editor: Postcart
Pagine/Pages: 128
Anno/Year: 2024
Dimensioni/Dimensions:  16,8 × 22cm

Lingua/Language: Italian

30,00 

Italiano

La storia di Annette ci tocca da vicino. Parla di sorellanza in senso stretto (ha una gemella a cui è legatissima), ma anche di quella preziosa rete che si crea tra le donne quando vibrano insieme. È una storia che attraversa il dolore ma riesce a spostare lo sguardo, a posteriori, sulla ricerca di senso. Racconta senza retorica o inutili abbellimenti un percorso di rinascita attraverso le immagini.

— Anna Bogoni

Questa è la storia di una guarigione, di un nuovo inizio. Racconta di trasformazione e di rinascita. All’età di 42 anni Annette è colpita da un cancro. Per quindici mesi la sua vita si è come fermata, il tempo scandito solo dalla cadenza delle terapie. Non riconosce più il suo corpo, comincia a prenderne le distanze. Mentre lei è sotto chemioterapia e dimagrisce, sua sorella gemella, invece, prende peso: è incinta. Inizia così un percorso parallelo strano e curioso, senza precedenti nella loro vita da gemelle identiche.

Flannery O’Connor diceva questa cosa bellissima: “Io ho una malattia. Non sono la mia malattia”. E se ci pensi ogni volta che ci succede qualcosa di enorme anche quando ci innamoriamo, in quei mesi ci sentiamo solo questo. La difficoltà è ritrovare te stessa ai bordi di quell’esperienza.
— Chiara Gamberale (in dialogo con Annette)

Mi serviva la luce non vuole raccontare la malattia. È piuttosto la storia di una fotografa che riflette sul proprio cambiamento, e che vuole riscoprire lo sguardo su sé stessa attraverso gli occhi di altre fotografe (Camilla Borghese, Francesca Catastini, Stephanie Gengotti, Simona Ghizzoni, Sara Palmieri, Viola Pantano, Cristina Vatielli). Farsi guardare con fiducia. Lasciarsi descrivere per trovare una propria, possibile visione. Re-inventarsi, ri-vedersi e farsi vedere. Nasce così un’esperienza intensa di condivisione, uno scambio.

Si definisce fotografia terapeutica un progetto con un’intrinseca funzione di elaborazione, che nasce quando il soggetto ricorre alla fotografia, usandola come strumento per una crescita e una maggior comprensione del proprio mondo interno. L’autrice si è affidata al potere trasformativo dell’arte e del processo creativo, coinvolgendo nel suo percorso di riscoperta di sé altre artiste che, attraverso le loro opere, hanno identificato le sue qualità e gliele hanno restituite, aiutandola a ritrovare un equilibrio e a sviluppare al meglio le sue potenzialità.

Annette gioca sola, ma poi, forse abituata a sua sorella gemella, cerca compagnia. E lo fa cercando altre fotografe a cui passa il turno di gioco. Tocca a loro. Ponendo l’attenzione sull’importanza dello sguardo dell’altro, prima invita le artiste, poi noi, ora giochiamo con lei ad identificarci con il suo progetto di ricostruzione e rinascita. Parte da sé per arrivare al suo pubblico, parla di lei, ma contiene noi tutti.
— Francesca Belgiojoso

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